Amelia Ivancich, istriana, sposa a Pisino il roveretano Giovan Battista Filzi, lì professore di Liceo. La famiglia, con i tre figli Mario, Fabio ed Ezio, si sposta nel 1890 a Capodistria, dove nasce Fausto, e nel 1892 si trasferisce a Rovereto.
Con
l'entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria, i coniugi Filzi sono confinati a Igls, nel Tirolo, e quindi, il 3 dicembre 1915,
internati nel campo di Katzenau, presso Linz, ove rimangono sino all'amnistia, venendo liberati il 16 aprile 1917. Si portano
poi a Graz, ove rimangono sino alla fine della guerra, quando rientrano a Rovereto.
Nel dopoguerra i coniugi Filzi
divengono, a causa della morte per impiccagione del figlio Fabio nel 1916 e della morte in combattimento del figlio Fausto
nel 1917, quindi della morte nel 1921 del figlio Mario per le conseguenze dell'autolesionismo praticato negli anni della
guerra, i protagonisti di un culto non solo locale, ma nazionale, per i "martiri", venendo a svolgere un ruolo pubblico molto
attivo: ciò vale soprattutto per Amelia ("Mamma Filzi"), che il 4 novembre 1928 viene nominata dal presidente
dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra, Eugenio Coselschi, "madre spirituale di tutti i volontari di guerra". Dopo
la morte del marito, nel 1933, si ritira in una pensione.
Amelia muore il 26 novembre 1942.
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