Giovanni Battista Niccolini (San Giuliano Terme, 29 ottobre 1782 – Firenze, 20 settembre 1861) è stato un drammaturgo italiano. Visse a Firenze, Lucca e Prato, e fu socio dell'Accademia della Crusca. Compose diverse tragedie di soggetto storico-patriottico, che hanno come tema il riscatto nazionale e la libertà del popolo. In politica fu liberale, repubblicano, anticlericale e contrastò l'ideologia neoguelfa. Fu conosciuto come un propugnatore dell'unità e dell'indipendenza d'Italia ma, data la relativa mitezza del Granducato di Toscana, di cui era suddito, non subì persecuzioni politiche. Amico del Foscolo (che gli dedicò le celebri Poesie del 1803 e la traduzione della Chioma di Berenice, del medesimo anno), nelle sue opere si attenne agli schemi neoclassici, ma con contenuti decisamente romantici.
Giovan Battista Niccolini nacque il 29 ottobre 1782 a Bagni di San Giuliano di Pisa, località termale molto conosciuta e frequentata a quel tempo da personalità illustri. Grazie alla madre, ebbe un'educazione consona al culto familiare della tradizione letteraria e dette precocemente segni indubbi di ingegno poetico, come si legge nella biografia di Atto Vannucci. Trasferitosi con la famiglia a Firenze, dopo la prematura morte del padre, già Commissario Regio a Bagni di San Giuliano, Niccolini frequentò, durante la fanciullezza e l'adolescenza, la scuola degli Scolopi, formandosi in maniera completa nelle lettere, fortemente attratto dal latino e soprattutto dal greco, lingue alle quali si dedicò con traduzioni e composizioni. Durante questo periodo frequentò Giovanni Fantoni e conobbe Ugo Foscolo, con il quale instaurò una profonda e duratura amicizia. Nel 1798, a sedici anni, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Pisa. Orientamento politico-ideologico e incarichi pubblici Sin da studente abbracciò con passione gli ideali di libertà accesi dalla Rivoluzione francese e che fervevano in quella prima fase dell'epoca napoleonica, mentre si formavano in Italia le varie Repubbliche e in Toscana, dopo la partenza del Granduca Ferdinando III, veniva istituito il governo provvisorio. Niccolini fu uno dei più convinti sostenitori della repubblica. Ad orientarlo era stato lo zio materno Alemanno da Filicaia, ma su di lui esercitarono un forte influsso appunto Giovanni Fantoni e Ugo Foscolo. Con la pace di Amiens (1802), caddero in Italia le repubbliche, e con esse il governo provvisorio del Granducato di Toscana, la quale divenne Regno d'Etruria sotto Ludovico di Borbone: Niccolini, ritornato lo stesso anno a Firenze ebbe qualche noia per i suoi trascorsi libertari da studente, ma ciò non gli impedì di ottenere, nel 1804, un posto nella pubblica amministrazione come addetto all'archivio delle Riformagioni e nel 1807 come titolare di cattedra di Storia e Mitologia all'Accademia delle Belle Arti del Granducato di Toscana, di cui era già membro dal 1803. All'interno dell'Accademia ricoprì anche la carica di segretario e bibliotecario. Fu anche maestro di paggi sotto Elisa Baciocchi, alla quale l'imperatore aveva conferito nel 1809 il titolo di Granduchessa di Toscana. Il 1815 riportò in Italia gli austriaci e, in Toscana, il già esule Ferdinando III di Lorena. La tolleranza del governo di questo sovrano, contrastante con il clima generale della Santa Alleanza, permise a Niccolini di non perdere i suoi incarichi e di assumere anzi temporaneamente quello di bibliotecario del Granduca. Col tempo l'atteggiamento di Niccolini verso Napoleone subisce una notevole evoluzione. Anche prima della definitiva caduta dell'Imperatore (1815), lo scrittore era passato da una venerazione quasi incondizionata ad una valutazione critica di una autorità che stava ormai diventando liberticida, pur conservando grande ammirazione per le eccezionali doti dell'uomo.
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