Enrico Pea (Seravezza, 29 ottobre 1881 – Forte dei Marmi, 11 agosto 1958) è stato un poeta, scrittore, drammaturgo e impresario teatrale italiano.
La produzione letteraria di Pea si può racchiudere in due periodi: il primo è quello di Moscardino (1922), tradotto in inglese da Ezra Pound, e di altre opere in cui, pur nei suoi tormenti religiosi, è stato impareggiabile nel descrivere scene di vita popolaresca in una disordinata estasi di raccontare tra sospiri e grida, memorie di lutti paesani, glorie e trionfi della superstizione e del sesso, oscure vicende di chi viaggia e di chi torna. Il secondo periodo inizia con La Figlioccia (1931), dove la sua prosa prende un andamento diverso, più delicato e modulato.
Nella prima decade del secolo, conosce il giovane Ungaretti, la cui famiglia aveva origini lucchesi, e lo ospita nella sua baracca, assieme a ogni sorta di amici transfughi della vita, bulgari, francesi, greci e italiani, di tendenze socialiste e anarchiche. È grazie a Ungaretti che Pea si avvicina alla letteratura.
È proprio il poeta Ungaretti a far stampare il suo primo libro – Fole, racconti di vita marinara – a un editore italiano, e in seguito a farlo conoscere ai suoi amici della rivista La Voce. Il sodalizio con Ungaretti dura molto a lungo e lo porta a ricordarlo con la preziosa opera Vita in Egitto del 1947, evocando gli anni vissuti nella baracca rossa. Dopo la Grande Guerra, torna in Italia e si stabilisce a Viareggio, dove dirige per molti anni il teatro Politeama da lui stesso ideato; nella sua intensa attività d'impresario riattiva la tradizione dei Maggi (rappresentazioni popolari caratteristiche del territorio lucchese, apuano e di una parte dell'Appennino settentrionale) e allestisce un suo Giuda, che scandalizza per il contenuto blasfemo. Avvicinatosi alla fede cristiana, tenta in seguito di dar vita a un nuovo genere di dramma sacro, La passione di Cristo. Dopo la seconda guerra mondiale abita per lunghi periodi anche a Lucca dove frequenta il famoso caffè letterario Di Simo (già Caselli), già noto ai primi del secolo per la presenza di intellettuali quali Giovanni Pascoli, Giacomo Puccini e molti altri. Appartenente all'area del fascismo tradizionalista e religioso, Pea collabora a Il Selvaggio e a Strapaese e si impegna in tal senso dedicandosi al recupero delle tradizioni popolari e contadine della Lucchesìa. Nel corso degli anni Trenta collabora a diversi periodici tra cui Pègaso, Pan, la Gazzetta del Popolo e la Nuova Antologia.
Nel 1954, con un gruppo di intellettuali, tra cui Marco Carpena e Enrico Righetti, dette vita al "Premio Lerici" per un'opera di poesia edita. Nel 1958, alla morte del fondatore, il premio venne chiamato "Premio LericiPea" e con questo nome è tuttora assegnato ogni anno nella città ligure.
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