Dario Niccodemi (Livorno, 27 gennaio 1874 – Roma, 24 settembre 1934) è stato un commediografo, sceneggiatore e capocomico italiano.
Intorno ai vent’anni iniziò la collaborazione con alcuni quotidiani argentini e scrisse due commedie in spagnolo: Duda suprema (1897) e Por la vida (1898). Nel 1900 conobbe l'attrice francese Réjane, in quel periodo in tournée in Sudamerica, e la seguì in Francia divenendone suo segretario e amante. Per lei tradusse e adattò opere teatrali italiane. Introdotto negli ambienti teatrali allora dominati da Bataille e Bernstein trovò l’ispirazione per comporre varie commedie in francese, interpretate dalla stessa Réjane: L’hirondelle (1904), Suzeraine (1906), Le refuge (1909), La flamme (1910), L’aigrette (1912), Les requins (1913); tradotte e interpretate anche in Italia.
Tornò in Italia allo scoppio della Prima Guerra Mondiale e scrisse L’ombra, la sua prima commedia scritta in italiano e portata in scena da Irma Gramatica l’11 marzo 1915, a cui seguirono altre commedie di successo e i relativi soggetti cinematografici, tra cui: Scampolo (1915), La nemica (1916), La maestrina (1917).
Le commedie di Niccodemi (Giuseppe Donateo: "fece entrare il teatro italiano nel Novecento", v. bibliografia) si svolgono in un contesto sentimentale e ironico nel quale i personaggi hanno per modello la società borghese di inizio Novecento. Di lui scrisse Antonio Gramsci: "Il Niccodemi è un Giorgio Ohnet in ritardo, e Giorgio Ohnet era già in ritardo a Eugenio Sue, a Victor Hugo e alla infinita schiera degli scrittori di appendici"[5]. Ebbe come estimatore Lev Tolstoj, che scrisse di preferire La nemica di Niccodemi ai drammi di Pirandello e ai romanzi di Verga[6]. Le commedie di Niccodemi sono state interpretate da attori di grande prestigio, tra i quali sono da ricordare: Tina Di Lorenzo, Irma Gramatica, Maria Melato, Dina Galli, Emma Gramatica, Ruggero Ruggeri, Antonio Gandusio, Ermete Zacconi, Isa Miranda, Paola Pezzaglia ("Forse la miglior «Nemica» sulle scene", secondo lo stesso Niccodemi), Luigi Cimara; poi Vittorio Gassman, Enrico Maria Salerno, Anna Maria Guarnieri.
Il successo di Scampolo lo convinse a ricavarne un romanzo (Il romanzo di scampolo, 1918) e un libretto d'opera, messo in musica da Ezio Camussi (1925).
Nel 1919, e sino al 1925, gli fu affidata la carica di Presidente della Società Italiana Autori, succedendo a Marco Praga.
Nel febbraio 1921 costituì una nuova compagnia teatrale assumendone la direzione. Ne facevano parte: Luigi Cimara (primo attore), Vera Vergani (prima attrice), Luigi Almirante, Jone Frigerio, Mario Brizzolari, Margherita Donadoni, Giuditta Rissone, Ruggero Lupi, Sergio Tofano (dal 1924), Anna Magnani (dal 1927). La compagnia debuttò il 4 marzo al Teatro Valle di Roma con Romeo e Giulietta di William Shakespeare, tradotto e adattato dallo stesso Niccodemi. Il successivo 9 maggio, in prima assoluta e sempre al Teatro Valle andarono in scena i Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello: fu una rappresentazione che sconcertò gli spettatori, non preparati a un’azione teatrale che sconvolgeva le tradizionali regole teatrali.
Tra i due spettacoli Niccodemi fece rappresentare un proprio testo, L'alba, il giorno e la notte, interpretato dai soli Vera Vergani e Luigi Cimara, delicato esempio di teatro intimista che si svolge nell'arco di una giornata, suddivisa in tre parti: alba, giorno, notte.
Fu forse la compagnia teatrale più apprezzata, in Italia e all’estero, attiva per tutti gli anni Venti del Novecento, che portava in scena principalmente autori contemporanei: Marcel Achard, Luigi Antonelli, Riccardo Bacchelli, Giuseppe Antonio Borgese, Édouard Bourdet, Luigi Chiarelli, Lucio D'Ambra, Gabriele D'Annunzio, Arnaldo Fraccaroli, Simon Gantillon, Paul Géraldy, Giuseppe Giacosa, Frederick Lonsdale, Sabatino Lopez, Fausto Maria Martini, William Somerset Maugham, Luigi Pirandello, Gino Rocca, Jean Sarment, George Bernard Shaw, Guglielmo Zorzi. Nell'estate 1930 la Compagnia Niccodemi tenne le ultime repliche al Teatro Olimpia di Milano e si sciolse.
Dopo il 1930, colpito da encefalite letargica, ritornò a Livorno, da Amalita, unica rimasta dei suoi tre figli.
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