Fiorenzo Bava Beccaris (Fossano, 17 marzo 1831 – Roma, 8 aprile 1924) è stato un generale italiano, noto per aver guidato la sanguinosa repressione dei moti di Milano del 1898, episodio che indirettamente causò il regicidio per vendetta di Umberto I nel 1900 a opera di Gaetano Bresci; è oggetto di un brano del canzoniere popolare italiano dal titolo Il feroce monarchico Bava.
Dopo aver partecipato alla guerra di Crimea, prese parte, con il grado di capitano, alla seconda guerra d'indipendenza meritando una medaglia d'argento al valor militare (24 giugno 1859) ed alla terza guerra d'indipendenza, dove con il grado di maggiore comanda una batteria di artiglieria a Custoza venendo insignito del titolo di cavaliere dell'Ordine militare d'Italia (6 dicembre 1866). Divenne successivamente direttore generale d'artiglieria e genio al Ministero della guerra, e tenne il comando del VII e del III Corpo d'armata.
Nel 1894, ad Ancona, venne pesantemente criticato dal giornale locale L'Ordine, che agiva probabilmente d'accordo con la prefettura, per non aver aperto il fuoco contro una manifestazione di disoccupati che aveva aggredito il sindaco, l'avvocato Vecchini.
Nel maggio 1898, in occasione dei gravi tumulti dei Moti di Milano, il governo guidato da Antonio di Rudinì proclamò lo stato d'assedio e il generale Bava Beccaris, in qualità di regio commissario straordinario, fu incaricato del ristabilimento dell'ordine. La repressione dei moti fu estremamente violenta e sanguinosa, con oltre 80 vittime tra la popolazione civile ed un alto numero di feriti. In segno di riconoscimento Bava Beccaris fu insignito del titolo di grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia (il 5 giugno 1898) dal re Umberto I e nominato al senatore del Regno (16 giugno 1898). A Palazzo Madama aderì al gruppo della Destra storica.
Il 29 luglio del 1900, a Monza, Umberto I venne assassinato dall'anarchico Gaetano Bresci, che dichiarò esplicitamente di aver voluto vendicare i morti del maggio 1898 e l'offesa della decorazione al criminale Bava Beccaris, il quale definì il regicida «un folle che meriterebbe di subire lo squartamento». Fu collocato a riposo nel 1902, ottenendo dallo Stato una pensione di 8 000 lire. Negli ultimi anni di vita, ormai infermo e ammalato, partecipò sempre meno all'attività parlamentare. Scrisse numerosi articoli su riviste militari e, nel 1911, un libro sulle origini e la storia dell'Esercito italiano.
Aderì al movimento interventista che propugnava la partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale. Favorevole al fascismo, nel 1922 fu tra i generali che consigliarono al re Vittorio Emanuele III di affidare il governo dell'Italia a Benito Mussolini.
Morì nella sua abitazione romana nel 1924, all'età di 93 anni, e fu sepolto nella tomba di famiglia presso il cimitero della sua città natale, Fossano.
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