MAURIZIO da Brescia — (Verolanuova, 17 febbraio 1778 - Brescia, 25 marzo 1865). L’incontro fortuito avvenuto nel 1807 nelle catacombe di S. Sebastiano con il principe Luciano Bonaparte fratello di Napoleone, che si era sistemato l’anno precedente a Roma a villa Ruffinella, gli apri la via a novità determinanti. Il principe lo chiese come istitutore dei figli Luigi, Carlotta e Letizia e con il giovane frate iniziò un’amicizia, una collaborazione ed una consuetudine di vita durata quarant’anni che lo portarono in frequenti viaggi di studio a Firenze, Pisa, Viterbo ecc. e a lunghe villeggiature a Canino, dedicate alle ricerche archeologiche. Nel 1810 dovette decidersi a seguire il principe diretto in America. Salpati da Civitavecchia il 4 agosto, i due vascelli incapparono nei mari della Sardegna nella flotta inglese, che fece prigioniero tutto l’equipaggio trasferendolo dopo un soggiorno a Malta, in Inghilterra a London Warcester. Continuò a dedicarsi all’educazione dei figli del principe Luciano mentre andava ampliando sempre più i suoi interessi culturali anche all’astronomia e alle scienze naturali e perfino alla veterinaria.
Liberato nell’aprile 1814, nel luglio con il principe Luciano raggiungeva Roma e si sistemava nel convento di Aracoeli. Dopo la fuga di Napoleone (24 febbraio 1815) avendo deciso il principe Luciano di raggiungere il fratello a Parigi, ed essendo sprovvisto di passaporto, p. Maurizio accettò che si fingesse suo segretario e lo accompagnò attraverso un disastroso viaggio in Francia Parigi ebbe un indimenticabile incontro con l’imperatore che gli parlò della "buona città di Brescia" e dei suoi "bravi abitanti" e in termine lusinghiero del Papa che chiamò "santo". Mentre il principe Luciano si sistemava a Parigi, accanto al fratello, p. Maurizio riprese il viaggio verso Roma. Fermato a Milano dalla polizia austriaca, venne relegato nel convento dei Benedettini a Klagenfurt, da dove poté ritornare a Roma qualche tempo dopo, raggiungendovi il principe Luciano, ritornatovi per intervento di Pio VI e del card. Consalvi.
Ormai conosciutissimo e molto stimato continuò in umiltà e spirito di servizio la vita di convento. Compiuto il triennio di provincialato, venne nominato Definitore dell’Ordine, e come tale riuscì ad acquisire all’Ordine il monastero di S. Angelo di Milano. Il vescovo Verzeri lo nominava esaminatore prosinodale. Nel 1855 si adoperò con slancio caritativo all’assistenza ai colerosi e nel 1856 in qualità di Commissario di Terra Santa per il Lombardo Veneto, si sobbarcò ad un lungo viaggio a Parigi per ottenere da Napoleone III la protezione sui Luoghi Santi e soprattutto sulla Custodia francescana, ottenendo non solo la protezione imperiale, ma anche la concessione di aprire a Parigi un commissariato per raccogliere offerte da inviare alla Custodia di Gerusalemme. Nel 1859 fu instancabile nell’assistenza ai feriti della battaglia di Solferino e S. Martino, trasformando la chiesa e il convento di S. Giuseppe in un affollato ospedale militare, ricevendo con gli altri religiosi le più ampie lodi delle autorità. Di passaggio a Brescia nel giugno 1859 Napoleone III lo volle presso di se per un giorno intero a Palazzo Fenaroli. Pochi giorni prima aveva ricevuto la visita di Luigi figlio del principe Luciano Bonaparte.
Gli ultimi anni furono da lui spesi nel tentativo di salvare i conventi francescani dalla soppressione decretata dal Governo italiano riuscendo a salvare il convento di S. Angelo di Milano. Nel frattempo lo coglieva, il 25 marzo 1865, la morte. Venne sepolto nel Cimitero di Brescia sotto la piramide che ha al centro la statua di don G. Rossini detto il "beàt curadì". Negli anni Quaranta la salma venne esumata e del religioso non si trovarono che il teschio e brandelli del saio. Un suo ritratto di Angelo Inganni si trova nel convento di S. Gaetano in Brescia. Di lui ci restano le solenni difese di teologia e filosofia sostenute a Ferrara e Bologna.
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