Giuseppe Avezzana (Chieri, 19 febbraio 1797 – Roma, 25 dicembre 1879) è stato un generale e politico italiano.
Volontario a partire dal 1812 nell'esercito napoleonico, prese parte alle campagne del 1813 - 1814, e nel 1815, dopo la fuga di Napoleone dall'isola d'Elba, entrò nell'esercito sardo con il grado di sottotenente Partecipò ai moti del 1821 e sfuggì la pena capitale andando in esilio in Spagna dove combatté tra i costituzionali contro il corpo di spedizione della Santa Alleanza comandato dal duca d'Angouleme, sotto le insegne del quale militava anche Carlo Alberto di Savoia. Caduto prigioniero, fu deportato nel 1824 a New Orleans, da dove si trasferì in Messico a Pueblo Viejo, partecipando alla fondazione della nuova città di Tampico. Mise a servizio del governo legittimo messicano le sue capacità di comando e conoscenze di ingegneria delle fortificazioni militari. Partecipò alla guerra d'indipendenza del Messico combattendo alla difesa dello Stato di Tamaulipas contro gli invasori spagnoli che avevano invaso il territorio con le truppe del generale Barradas nel giugno 1827. Inviato nella nascente Tampico lungo il fiume Pànuco operò e fece trionfare la causa della liberazione, raggiungendo il grado di colonnello. Successivamente, nel 1832, sostiene la rivoluzione organizzata da Antonio López de Santa Anna contro il governo del presidente Anastasio Bustamante. Nel 1834 Avezzana lasciò il Messico e la vita militare, andando a fare il commerciante a New York, dove sposò una donna irlandese e fondò la congrega della Giovine Italia; ma i venti rivoluzionari del 1848 in Italia riaccesero nuovamente il suo patriottismo. Tornato in Italia nel 1848 non ottenne la riammissione nell'esercito. Il 26 febbraio 1849 fu nominato comandante generale della Guardia nazionale di Genova, e dei moti scoppiati un mese dopo fu l'effettivo ispiratore e capo non soltanto militare. Condannato a morte in contumacia, per la seconda volta, raggiunse Roma ove nel frattempo era stata indetta la Repubblica Romana; qui fu nominato ministro della guerra. Caduta la Repubblica, tornò a lavorare a New York con Garibaldi, operando tra il 1849 e il 1859 come una delle figure di maggior prestigio della locale comunità italo-americana.
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