Ruggiero Bonghi (Napoli, 21 marzo 1826 – Torre del Greco, 22 ottobre 1895) è stato un filologo, politico e accademico italiano.
Fecondo scrittore e versatile giornalista moderato, ebbe contatti con vari esponenti della cultura italiana del XIX secolo, tra i quali Antonio Rosmini e Alessandro Manzoni. Figliastro del poeta e letterato purista Saverio Baldacchini, fu attivo negli ambienti liberali neoguelfi napoletani. Nel 1848 pubblicò con il patrigno e con Carlo Troya, allora presidente del governo costituzionale delle Due Sicilie, il quotidiano Il Tempo. Il colpo di mano di Ferdinando II delle Due Sicilie del 15 maggio 1848, con il quale cessava l'esperimento di democrazia costituzionale, lo colse a Roma, dove era stato inviato dal Troya a trattare con Pio IX la costituzione di una lega italiana contro l'Austria; Bonghi preferì non ritornare a Napoli, scegliendo l'esilio dapprima a Roma, in seguito a Firenze, dove frequentò il Gabinetto Viesseux. Espulso da Firenze su richiesta del governo delle Due Sicilie, fu esule in varie capitali europee (Parigi, Londra, Torino) e in gravi difficoltà economiche. Nel 1855 a Stresa incontrò Manzoni, che lo convinse che il fiorentino dovesse essere il modello dell'italiano. Scrisse sedici lettere al direttore de «Lo Spettatore» Celestino Bianchi, nelle quali, rispondendo alle critiche di Alessandro D'Ancona apparse sullo stesso periodico, in realtà interveniva sul tema della lingua; le lettere vennero poi pubblicate in volume con il titolo Perché la letteratura italiana non sia popolare in Italia
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