Luigi Federzoni (Bologna, 27 settembre 1878 – Roma, 24 gennaio 1967) è stato un politico e scrittore italiano. Fu Presidente del Senato del Regno dal 1929 al 1939.
Figlio del letterato Giovanni Federzoni e di Elisa Giovannini, nel 1900 si laureò in Lettere con Giosuè Carducci all'Università di Bologna, conseguendo successivamente anche una laurea in Giurisprudenza. Nella sua attività di giornalista e come autore di romanzi, novelle e saggi letterari usò lo pseudonimo (anagramma) Giulio De' Frenzi.
Nel 1910 fu tra i fondatori, con Enrico Corradini, dell'Associazione Nazionalista Italiana e nel 1911, con Enrico Corradini, del settimanale L'Idea Nazionale. Divenuto leader del movimento nazionalista, fu deputato dal 1913. Interventista nel 1914, prese parte alla guerra come tenente di artiglieria.
La sua azione politica era contraddistinta da un approccio legalitario e relativamente moderato. In Parlamento si interessò spesso di politica estera, schierandosi a favore delle rivendicazioni italiane sull'Adriatico, in particolare a proposito di Fiume e della Dalmazia. Durante la marcia su Roma, agì da mediatore tra Vittorio Emanuele III e Mussolini.
Dopo aver contribuito alla fusione, avvenuta nel 1923, del movimento nazionalista con il Partito Nazionale Fascista, nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile.
Fu ministro del governo Mussolini dal 1923 al 1928, prima delle colonie, poi degli interni e poi di nuovo delle colonie. Da ministro dell'interno si deve a lui la nomina, il 13 settembre 1926, a Capo della Polizia di Arturo Bocchini. In seguito si dimise da ministro degli interni in polemica con l'ala radicale del fascismo capeggiata da Roberto Farinacci.
Fu presidente della Società Geografica Italiana dal 1923 al 1926. Negli anni successivi ebbe cariche istituzionali e onorifiche. Senatore dal 1928, fu Presidente del Senato dal 1929 al 1939 e, dal 1938 al 1943, dell'Accademia d'Italia e dal 17 marzo 1938 al 6 ottobre 1943 dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Fu inoltre socio nazionale dell'Accademia dei Lincei (6 maggio 1935 - 4 gennaio 1946), presidente dell'Istituto fascista dell'Africa italiana (1937-1940) e presidente della società editrice della rivista "Nuova Antologia".
Nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943 fu tra i firmatari dell'ordine del giorno contro Benito Mussolini presentato da Dino Grandi e per questo nel 1944 fu condannato a morte in contumacia dal tribunale fascista di Verona. Rifugiatosi nell'ambasciata del Portogallo presso la Santa Sede dopo l'8 settembre, lasciò l'Italia dopo la liberazione di Roma. Nel 1945 l'Alta corte di giustizia lo condannò all'ergastolo, ma fu amnistiato nel 1947. Rientrato in Italia, si stabilì a Roma.
Ha lasciato diari sulla vicenda da lui vissuta lungo tutto il Ventennio; peraltro, lo storico Renzo De Felice ricordò che l'unico personaggio storico da lui interpellato per avere testimonianze dirette sul fascismo che si rifiutò di riceverlo fu proprio Federzoni.
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